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La misoginia rientra nei discorsi di odio (hate speech).

Si intende per discorso di odio il fatto di fomentare, promuovere o incoraggiare, sotto qualsiasi forma, la denigrazione, l’odio o la diffamazione nei confronti di una persona o di un gruppo, nonché il fatto di sottoporre a soprusi, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce una persona o un gruppo e la giustificazione di tutte queste forme o espressioni di odio testé citate, sulla base della razza*, del colore della pelle,  dell’ascendenza, dell’origine nazionale o etnica, dell’età, dell’handicap, della lingua, della religione o delle convinzioni, del sesso, del genere, dell’identità di genere, dell’orientamento sessuale e di altre caratteristiche o stato personale.

*Poiché Tutti gli esseri umani appartengono alla stessa specie, l’ECRI rifiuta le teorie basate sull’esistenza di “razze” diverse. Tuttavia, nella presente Raccomandazione, l’ECRI utilizza tale termine, al fine di garantire che le persone generalmente ed erroneamente percepite come appartenenti a un “altra razza” non siano escluse dall’ambito della tutela prevista dalla raccomandazione.

RACCOMANDAZIONE DI POLITICA GENERALE N. 15 DELLA COMMISSIONE EUROPEA CONTRO IL RAZZISMO E L’INTOLLERANZA (ECRI)  8 dicembre 2015

L’odio nei confronti delle donne si esprime per lo più nella forma del disprezzo, della degradazione e della spersonalizzazione di chi ne è bersaglio, generalmente con una forma esplicitamente sessuale.

Secondo la relazione finale de La piramide dell’odio in Italia  Commissione “Jo Cox” su fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo della Camera dei Deputati, gli atti di violenza e odio nei confronti delle donne, incluso il femminicidio, sono spesso opera di persone con cui le vittime sono in relazione amicale o affettiva, quando non all’interno della famiglia.

Nella stessa ricerca viene riportato che le donne sono di gran lunga le maggiori destinatarie del discorso d’odio online.
In generale le donne corrono più rischi di aggressioni e molestie virtuali su tutti i social media.

A livello europeo, una donna su dieci dai 15 anni in su è stata oggetto di cyberviolenza.

L’indagine VOX – Osservatorio italiano sui diritti svolta in Italia sulle comunicazioni via Twitter ha rilevato che le donne sono oggetto del 63% di tutti i tweet negativi rilevati nel periodo agosto 2015-febbraio 2016.

Questi fenomeni sono alimentati dalla rappresentazione delle donne nei media, dalla pubblicità agli spettacoli di intrattenimento, dove le donne sono spesso presenti solo come corpi più o meno denudati da esibire e guardare, o come figure di contorno (“vallette”) e raramente come veicolatrici di informazioni o opinioniste.

Vi è una sola donna direttrice di un quotidiano nazionale (il manifesto) mentre molte giornaliste finiscono nelle pagine di costume.

Il Barometro dell’odio 2020 di Amnesty International Italia, che ha come focus il sessismo e la misoginia sui social network, ha scoperto come l’odio verso le donne è latente e pronto a manifestarsi anche in assenza di incitamento. La ricerca che si è concentrata sui twitter ha rilevato come su 42.143 post e tweet analizzati, più di 1 su 10 (14%) è offensivo, discriminatorio o costituisce un discorso d’odio.

Il tema “donne e diritti di genere” continua a essere marginale, presente solo nell’1% dei commenti. Di questi circa 2 su 3 hanno un’accezione negativa, più del 29% è offensivo, discriminatorio o hate speech.

Quando invece consideriamo le donne non come argomento dei commenti ma come bersaglio l’incidenza media degli attacchi personali diretti alle donne supera il 6%, un terzo in più rispetto a l’incidenza media per gli uomini, che non raggiunge il 4%.

Il sessismo può manifestarsi in forma esplicita, attraverso un linguaggio palesemente misogino, o in modo indiretto, attraverso una maggiore propensione ad attaccare le donne.

I messaggi discriminatori, offensivi o di odio rivolti alle donne, sottolinea sempre Amnesty, si incrociano con quelli che hanno per bersaglio musulmani e migranti. Talvolta questi temi e queste categorie bersaglio si sovrappongono.

Le donne diventano bersaglio di insulti specificamente sessisti, anche in politica,  sia da parte di colleghi (inclusi quelli del proprio partito) che sui social media.

Una ricerca della Inter-Parliamentary Union  (link in inglese) del 2016 ha trovato che oltre l’80% delle parlamentari in 39 Paesi in diverse aree del mondo aveva subito violenza psicologica (minacce di morte, di stupro, di rapimento) e un 65% aveva subito osservazioni sessiste o profferte sessuali e che le parlamentari subiscono anche più attacchi sui social media dei loro colleghi.

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