Manifestazione “Spazza l’odio – Da’ Voce al Rispetto” a Padova, 11-07-2020.

“La legge che verrà. Dialoghi sul ddl Zan” è una rubrica di approfondimento sulla legge contro omotransfobia e misoginia, che ha iniziato il suo iter alla Camera dei Deputati lo scorso 3 agosto. Fabrizio Filice, magistrato e componente del gruppo di lavoro sulla violenza domestica e di genere  presso la VII Commissione del Consiglio superiore della magistratura, dialoga con Rosario Coco, attivista e formatore di Gaynet, tra i promotori di Da’ Voce al Rispetto.
Questa terza puntata affronta il tema del cosiddetto emendamento “salva idee”, una modifica apportata in Commissione giustizia su richiesta di una parte della maggioranza e di alcuni parlamentari dell’opposizione. 

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Qual è a suo avviso la portata giuridica del cosiddetto emendamento “salva idee”?

Su questo devo fare una premessa.

Chi lavora con le leggi sa, come un dato di fatto, che vi sono disposizioni normative frutto di quella che si chiama “tecnica legislativa” cioè di quel difficile, e certamente non improvvisabile,  mestiere dello scrivere i testi di legge, il quale comporta, dietro “l’immagine” dei politici, un capillare lavoro di studio, ricerca e scrittura degli Uffici legislativi ministeriali, in cui lavorano, per ogni settore, giuristi esperti.

Ci sono invece disposizioni che non hanno a che fare con questo ma solo con la propaganda politica: in criminologia si usa l’espressione “ imprenditoria di moralità”, a indicare che alcune leggi nascono solo per fare presa su un determinato elettorato, per lanciare un messaggio simbolico, senza porsi minimamente il problema della loro applicazione pratica,  che può risultare nel migliore dei casi completamente sterile e nulla, nel peggiore anche controproducente.

Ad esempio?

Un esempio noto è quello della famosa scriminante della “legittima difesa” che viene regolarmente  assunta a vero e proprio cavallo di  battaglia elettorale per determinate forze politiche.

Già due leggi recenti, la n. 59 del 2006 e la n. 36 del 2019, hanno provato a introdurre forzatamente nella norma elementi di presunzione di legittima difesa, cercando di lanciare un messaggio diciamo “all’americana” in cui ognuno, in casa sua, è libero di prendere il fucile e sparare, perché sarà sempre giustificato se avrà agito pensando di proteggere il proprio domicilio.

E’ chiaro che una tale visione è del tutto incompatibile con il nostro assetto costituzionale, e infatti alla magistratura è sempre toccato il compito di frenare questo tipo di  “entusiasmi”, riaffermando da un lato la politica di estremo rigore nella circolazione e nell’uso delle armi fra i cittadini e,  dall’altro lato,  la natura eccezionale della legittima difesa che sarà giustificata,  sempre  e solo,  quando risulterà, da un’indagine estremamente approfondita di tutti gli elementi in gioco,  senza automatismi né presunzioni, che chi dichiara di avere reagito per legittima difesa si sia trovato in una situazione di estremo pericolo e non abbia avuto nessun’altra alternativa possibile, in condizioni di sicurezza, all’aggredire a sua volta il proprio aggressore.

Quali somiglianze nota tra questi fenomeni e la nascita del cosiddetto emendamento salva idee?

 Nell’emendamento c.d. “salva idee” vedo effettivamente una logica molto simile. La disposizione è perfettamente inutile dal punto di vista giuridico perché si limita  ribadire l’ovvio:

la libera espressione di convincimenti od opinioni, il pluralismo delle idee e la libertà delle scelte rappresentano diritti costituzionalmente garantiti e non hanno certo bisogno che una legge ordinaria ne “consenta” l’esercizio.

Il fine di questo emendamento si gioca tutto sul piano simbolico e politico: da un lato lasciare nella legge una traccia del dissenso di chi non la condivide, come segno tangibile da esibire davanti al proprio elettorato,   e dall’altro lato raggiungere mediazioni politiche tra i vari schieramenti.

Certamente l’effetto di questo emendamento non potrà essere quello di sterilizzare il focus della tutela penale; la norma  è già molto chiara – come lo è stata la legge Mancino da cui il ddl Zan prende le mosse – nel distinguere opinioni del tutto legittime e manifestabili in ogni luogo e  sede ( ad esempio il convincimento che l’unica forma di famiglia eticamente corretta sia la “famiglia nucleare” fondata sull’unione eterosessuale, o la contrarietà all’introduzione in Italia della gestazione per altri) da aggressioni  individuali (come nel caso di una ragazzina quindicenne che, solo qualche mese fa,  è stata insultata e aggredita in una stazione ferroviaria perché vestita “da maschio”)    o collettive  ( inviti a fare del male o a discriminare) fondate sul sesso, sul  genere, sull’identità di genere o sull’orientamento sessuale.

Oltretutto la norma è formulata in termini assolutamente neutri: non crea, come alcuni sostengono,  categorie privilegiate; è l’odio che  crea categorie di vittime, come la Commissione Cox ha appurato, decidendo di colpire prima di tutto le donne, nelle relazioni strette e nella sfera sociale, e le persone LGBTI

Nella – preciserei molto rara, ma certamente non escludibile – eventualità che condotte di questo tipo  siano rivolte nei confronti di un uomo in quanto uomo o a causa della sua eterosessualità, la norma si attiverebbe anche in sua difesa, in quanto colpito nelle stesse caratteristiche sensibili;  il che porta su un piano di assurdità la necessità, da alcuni avvertita, di affiancare  a questa norma un’altra specifica sulla c.d. “eterofobia”.